Nel 2018, in Italia, produrre e vendere la cannabis con un livello di THC inferiore allo 0,2% è diventato legale. Da quando il ministero dell’Agricoltura, il Mipaaf, l’ha annunciato, è letteralmente esploso il fenomeno “canapa”.
Questa pianta, grazie ai suoi molteplici utilizzi e benefici ha giocato un ruolo fondamentale nella nostra storia, eppure per molto tempo questi sono stati dimenticati e abbandonati. Oggi finalmente il suo valore sta subendo una fase di riscoperta per quanto di positivo è in grado di dare alla nostra salute e a quella dell’ambiente.
Qual è dunque la storia della canapa e nello specifico della fibra tessile che se ne può ottenere?
Il primo ritrovamento di un manufatto in canapa risale a ben 9000 anni fa. La scoperta è del 2013 e appartiene a Ian Hodder, archeologo britannico. Questo a conferma dell’antichità del suo impiego e della sua diffusione.
È noto che la canapa è tra le piante più coltivate dalle popolazioni che si affacciavano sul mediterraneo, come fenici, egizi, greci e romani per realizzare carta, tessuti, farine alimentari, medicinali, oli per l’illuminazione e profumi. Non solo, le eccezionali proprietà di resistenza e di compattezza del tessuto in fibra di canapa hanno consentito la produzione di vele per le navi e quindi di raggiungere i grandi progressi degli scambi commerciali e delle relazioni tra i popoli.

Nel corso dei secoli, anche in Italia si è creata una forte tradizione agro-industriale legata alla canapa. Fino agli anni ’30 del secolo scorso eravamo secondi solo alla Russia nella sua produzione e i primi per la qualità del prodotto. In molte Regioni italiane ancora oggi è facile imbattersi in piccoli e caratteristici laghetti artificiali, i così detti maceri o marcite, dove un tempo venivano messi a bagno i fusti della canapa per la prima fase della lavorazione.
Perché la coltivazione della canapa subisce una battuta d’arresto?
Nel 1975 il divieto della coltivazione della canapa indiana ha portato alla messa in atto di severe normative per la canapa tessile e il settore ha subito un vero e proprio abbandono. La ragione sta nella somiglianza morfologica delle due specie di cannabis, nonostante la profonda diversità di contenuto di THC (tetraidrocannabinolo), il principio con effetti stupefacenti.
La pianta della canapa cresce spontaneamente nelle zone con clima temperato, ma ha un’ottima capacità di resistenza e di adattamento. La sua crescita è rapida e non necessita di attenzioni particolari, inoltre coltivata ripetutamente sullo stesso terreno giova al terreno.
Per trasformarla in fibra tessile si procede con le diverse fasi di lavorazione: stigliatura, pettinatura e raffinazione. Si ottiene così il tops, o fiocco, elemento primario per la filatura.
Dalla fibra della canapa, che è cava e igroscopica, ha origine un filato dall’elevata capacità termoisolante e traspirante, una combinazione perfetta che la rende ideale per assorbire il fresco durante l’estate e il caldo durante l’inverno.
La canapa è tra le fibre naturali più resistenti all’usura, agli strappi ed alle deformazioni più di ogni altro tessuto naturale: alla robustezza coniuga la morbidezza e quel che si ottiene sono capi d’abbigliamento particolarmente comodi e confortevoli. I tessuti ottenuti dalla pianta di canapa hanno altre proprietà straordinarie: riflettono i raggi ultravioletti, schermano dai campi elettrostatici, non conducono l’energia elettrica, sono anallergici e antisettici.
Oggi fortunatamente, dal nord al sud le coltivazioni stanno facendo la loro ricomparsa e sono moltissimi i designer, gli artigiani e i Brand che stanno facendo portando avanti una storia che rischiava di essere perduta.